Perdersi e Ritrovarsi ne più grande labirinto di Bambù al mondo

Creato da Franco Maria Ricci a Masone, vicino a Parma, per realizzare un sogno coltivato con Jorge Luis Borges | Federico Cella - Corriere TV
L’intervista a Franco Maria Ricci di Beba Marsano.
«Sono un uomo semplice nei piccoli piaceri. In quelli grandi, meno». Parola di Franco Maria Ricci, il più raffinato e visionario editore italiano. Che, se non abitasse a casa sua, confessa, vivrebbe in Vaticano. Tortelli e gnocco fritto con Raffaello e Michelangelo.
Perfetto capriccio in stile Ricci che, come l'amico Borges, si è sempre deliziato a confondere realtà e finzione. A cominciare dagli spazi dell'abitare. Dove l'amore per l'equilibrio, la pulizia, l'eleganza monumentale del neoclassico sposa, con un tocco di ironia, il piacere tutto barocco per il coup de théâtre , per gli apparati effimeri delle feste di corte. Ancora oggi, all'alba delle ottanta primavere, al grafico, collezionista, esteta che ha inventato la leggendaria rivista d'arte «Fmr» diverte meravigliare, stupire. Innanzi tutto se stesso.
Esemplare la dimora di Fontanellato, nella bassa Parmense, una costellazione di rustici nella vecchia azienda agricola dei nonni, alle spalle del nuovo complesso che accoglie il mausoleo destinato alle raccolte d'arte e l'ormai famoso labirinto in bambù, nato proprio da una disfida con Borges. «Farò qui il labirinto più grande del mondo», disse Ricci. «Impossibile, c'è già: il deserto - replicò l'altro -. Allora farò il secondo». Eccolo.
Ma torniamo ai rustici, alla cascina padronale tappezzata di rampicanti che Ricci, con vezzo squisitamente romantico, ha voluto tenere parzialmente in rovina: «nell'Ottocento le rovine le costruivano, io che ce l'ho me le tengo così». Varcata la soglia un altro mondo. La Biblioteca. Tempio al sapere e alla bellezza tutto colonne, oggetti d'arte, curiosità da cabinet d'amateur. Qui l'archivio della casa editrice e quello che Ricci considera, con orgoglio, il suo tesoro: i 1.200 volumi stampati da Giambattista Bodoni, maestro nell'arte tipografica. La collezione privata più completa, messa insieme in mezzo secolo di appassionate ricerche e gelosamente conservata in scaffali sotto vetro intervallati da busti. Già, i busti.
Segno della magnifica ossessione del padrone di casa per la scultura, «oggetto spaziale che si guarda e anche si tocca», e per i ritratti a tutto tondo, «elementi architettonici, decorativi e splendida metafora del (sur)reale».
Un po' surreale pure questa bizzarra abitazione «alla Borges» costruita a mo' di puzzle, dove «si vive in una rovina e si mangia nel fienile», dicono con humour Franco e Laura Ricci. Per pranzare bisogna infatti uscire ogni volta e prendere il sentiero tra i bambù, «un po' come andare al ristorante; se piove prendiamo l'ombrello, se è freddo mettiamo il mantello». Spazio di ricercata semplicità, il Fienile ha oggi la piscina sul tetto, un grande dehors per affollati pranzi estivi e un ampio soggiorno per le nebbiose sere d'inverno, riscaldate da un camino in rame di Guido Canali «ispirato al capirone in cui si fa il parmigiano».
Alle pareti una suite di vasi disegnati da Petitot, architetto francese alla corte di Parma, sulle mensole terrecotte di Cordelia von den Steinen, scultrice eccellente, moglie di Pietro Cascella e, a lato, un presepe storico napoletano.
In casa poche opere scelte. L'eclettica collezione d'arte è ora tutta al museo: 500 pezzi, dalle vanitas con teschio alle figurine déco, dai naïf ai denti di narvalo, specchio di un gusto libero ed eccentrico, sprezzante di mode e tendenze di mercato. Tuffato tra le pagine di cataloghi d'asta, Franco Maria Ricci ha comperato nella vita soltanto ciò che gli è piaciuto. In amichevole competizione con Vittorio Sgarbi: «Erano gli anni Ottanta e Novanta; vincevo quasi sempre io, avevo più soldi», ricorda. E fu proprio Sgarbi a segnalargli allora una testa di Adolfo Wildt, il pezzo oggi più amato, anche se non quello dalla storia più curiosa. Primato che spetta a una coppia di settecenteschi busti in cera dei Savoia, dello scultore piemontese Francesco Orso. «Li vidi, mi piacquero. Ma li aveva già opzionati Gianni Agnelli, che poco dopo li restituì all'antiquario perché facevano impressione a donna Marella». Ricordi d'arte, memorie di vita.

http://video.corriere.it/perdersi-ritrovarsi-piu-grande-labirinto-bambu-mondo-un-avventura-360-gradi/972498c4-4d1a-11e7-a0c3-52aebd58a53d

2017-07-28T12:11:51+00:00

6 Comments

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