Le nuove produzioni prendono il posto agli agrumi che ormai rendono meno. Ai piedi dell'Etna coltivazioni di papaya e guava. Il mercato tira: il fatturato in Italia è di 650 milioni di euro
di ETTORE LIVINI
ROMA. Pizza, spaghetti all'amatriciana, panettone ma non solo. Il made in Italy della tavola tricolore si è arricchito da qualche tempo di una new entry a sorpresa: la frutta esotica. Avocados, lychees, manghi e frutti della passione nati, cresciuti e raccolti non a due passi dall'Equatore o ai margini delle foreste pluviali ma nei campi del Belpaese.
E che hanno trasformato un pezzo del nostro Mezzogiorno - Sicilia e Calabria in primis - in un angolo di tropico. Ci sono le distese di piante di avocado a Giarre, la papaya e la guava che maturano ai piedi dell'Etna, l'annona e la Feijoa nella zona di Bagnara Calabra. I numeri, per ora, sono piccoli. Ma la produzione, complice il clima che si scalda e il prezzo cui si riesce a vendere questi prodotti (fino a dieci volte quello degli agrumi), è in crescita geometrica.
"I primi esperimenti sono iniziati attorno agli anni '60 grazie al lavoro della facoltà di Agraria di Catania", racconta il 32enne Andrea Passanisi, inventore del marchio "Avocado siciliano". Il business vero però è iniziato un decennio fa, quando ananas, papaya & C. hanno cominciato a conquistare palati e tavole di casa nostra. I pionieri come Andrea hanno deciso di recuperare terreni incolti (o a rubare qualche fazzoletto di terra ai limonaie e aranceti curati dai loro genitori) per avventurarsi nelle coltivazioni esotiche. E i vegetali dell'altro mondo sono riusciti a mettere radici anche da noi.
Statistiche ufficiali sul settore della frutta esotica made in Italy non esistono. "Per ora si tratta di esperimenti di nicchia", dice Ilenio Bastoni, direttore generale di Apofruit, cooperativa di 4.200 contadini "tradizionali". La nicchia però sta crescendo a una velocità del tutto inattesa. E il mercato di avocado, manghi, finger lime (il "caviale di limone"), passion fruit, Fejoia e Guava nati, colti e venduti nel Belpaese è in pieno boom. "Io ho iniziato con un migliaio di piante, convinto che il terreno qui a Giarre - vulcanico, pieno di humus e molto permeabile - avesse tutte le caratteristiche pedoclimatiche per darmi soddisfazioni", racconta Peccanisi.
I risultati sono andati oltre tutte le attese. Oggi la sua terra produce 160 tonnellate di avocado biologico all'anno. "Sono frutti di qualità eccellente - assicura - migliore per molti aspetti di quelli che arrivano dal Messico e dalle altre nazioni più vocate. Li coltivo recuperando l'acqua a 130 mt. di profondità, molti li vendo in Italia, un po' li esporto in Francia, Belgio e Polonia".
L'esempio è stato contagioso. Gli avocado quotano al mercato nazionale fino a 5 euro al kg., ben più dei 50 centesimi al kg. dei limoni di Catania. E la novità sommata alle semplici valutazioni economiche hanno convinto molti contadini del Sud a tentare l'avventura esotica.
Oggi in Sicilia ci sono cento ettari coltivati ad avocados, decine a mango. Nelle campagne tra Messina, l'Etna e Acireale e in Calabria stanno nascendo decine di impianti di altri frutti tropicali. "Io ho appena ordinato altre 3mila piante di avocado", racconta Andrea. Certo, siamo lontanissimi dai 15mila ettari d'avocado della Spagna, per ora il vero tropico d'Europa. Ma le distanze si stanno accorciando.
Il mercato, d'altronde, tira. Ananas, banane, manghi & C, fatturano in Italia 650 milioni di euro. Le vendite di avocado sono balzate negli ultimi 12 mesi del 38% (con i prezzi schizzati alle stelle), quelle di mango del 37%, quelle di papaya dell'83%.
Il "biologico" tropicale - calcola Nielsen - è la referenza che cresce di più del settore bio con un +126% e i prodotti esotici made in Italy hanno oltretutto il vantaggio di arrivare dal campo al supermercato o al negozio in 24 ore, contro i 4 giorni necessari ai concorrenti in arrivo dai tropici reali, costretti pure a un faticoso viaggio aereo.
Il boom, insomma, è destinato a continuare. Molti coltivatori
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